domenica 20 dicembre 2009

Come cambia la formazione? Web 2.0

Ciao ciao ... nel mio blog è riportata un'intervista sul cambiamento della formazione in relazione alle nuove tecnologie, nello specifico in relazione al web 2.0. Ho scelto questa intervista, soprattutto, perchè evoca quesiti che vanno oltre i contenuti dell'intervista stessa ... si potrebbe dire molto di più in proposito, NOI possiamo dire di più in proposito. Vi invito a leggerla per ampliare il discorso sull'argomento ... l'intervista attraversa punti di cui abbiamo discusso a lezione giovedì scorso. Un salutone a tutti e buona domenica. Taty

7 commenti:

  1. Premetto che giovedì non c'ero, ed esprimo delle riflessioni solo sull'intervista.
    E' vero, la modernità liquida, per dirla con il sociologo Bauman toglie barriere e confini, concetto espresso anche da Simmel. Questo si può evidenziare anche nell'articolo riportato nell'abstract "omologazione e identità". Questa fluidità dà grande liberta al singolo, che è una cosa sempre positiva, a patto che questa venga usata propositivamente e non venga buttata senza sfruttarne appieno le possibilità.
    Nella nuova conoscenza, se essa è unicamente il risultato del web 2.0 si verifica, come sottolineato nell'intervista stessa, il carattere della frammentarietà del conoscere. E' la frammentarietà compatibile con la libertà? Riesco io con una conoscenza frammentaria a ribattere ad una persona che discute riportando un pensiero coerente e omogeno? Riesco io ad avere un'idea chiara ed evidente? Riesco io a ribattere con una conoscenza frammentata Sono libero nei confronti di questa persona o rischio di credere ad essa piuttosto che di conoscere in prima persona?
    Cito a memotria Morin: "Dov'è la conoscenza che perdo nell'informazione?" Sono da equiparare questi due modi di sapere?
    Nell'intervista si parlava di ricerca dell'informazione. Ma se questa dipende unicamente dalla scelta personale del soggetto, non c'è il rischio che esso sia meno aperto al nuovo, dato che si basa solo sulle sue necessità legate a quel momento particolare? Tutto questo non evidenzia una forte valenza di utilitarismo nel processo conoscitivo?
    Altro punto dell'intervista è "l'insegannte erogatore di contenuti, pacchetti, cataloghi..." Sperando che egli non diventi solo un postino, come può fare fronte alle esigenze non solo didattiche, ma anche ai bisogni esistenziali, le tensioni, i disagi degli alunni? Il formatore non può e non deve essere solo un dispensatore, altrimenti si ritorna al vecchio modello di insegnante che fornisce solo conoscenza. L'insegannte deve anche comprendere le persone ed agire di conseguenza, per il bene dei suoi studenti. La relazione umana è fondante il rapporto educativo, seppur con i suoi limiti.
    Apprezzo la parte finale dove si propone di cavalcare le tecnologie. Esse devono sempre essere al servizio dell'uomo nella sua interezza.
    Mi accorgo di essere un po' la voce critica di questo forum, ma vi sono grato del materiale che mi sottoponete alla lettura, giacchè il comprendere la realtà in cui viviamo è uno dei miei interessi più forti, e il forum mi sta aprendo scenari inaspettati,
    Davide

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  2. L'intervista da te proposta, taty è molto interssante. Ma apprezzo anche molto la posizione di Davide che ci riporta sempre alla profonda dimensione personalistica e umana del processo educativo. Credo però che l'intervista, focalizzandosi sui nuovi profili professionali e sui scenari educativi di un futuro più o meno prossimo,riduca,non intenzionalmente,l'importanza della dimensione relazionale ed educativa. Infatti,ad un certo punto si sofferma sull'importanza della relazione educativa che si modifica sensibilmente anche grazie all'accesso a nuove forme di costruzione della conoscenza, affermando che: "la separazione dei ruoli del docente e dell’allievo diventano meno rigidi". E forse qui rimanda al concetto di "scaffolding"? Inoltre individua come uno dei principali obiettivi educativi dei docenti nel nostro tempo l'insegnare ad "apprendere ad apprendere e saper navigare nella complessità (oceano) delle informazioni, per non essere travolti dalle “ondate” del cambiamento". Credimi Davide, io che sono nella scuola superiore vedo tanti docenti che pur non usando mai nessuna connessione ad internet, rispetto ai loro studenti altro non sono che erogatori di pacchetti di nozioni, con scarsa o nulla attenzione alla relazione educativa. Se l'introdurre e-learning.2 portasse come diretta conseguenza almeno ad un diverso modo di sentirsi docenti, meno pretenziosi di possedere la cultura e più disposti a mettersi in gioco e conoscere insieme ai propri alunni, per il rapporto educativo sarebbe solo un bene.....

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  3. Carissimi,
    i vostri commenti mi hanno fatto riflettere...
    Anche io, come Ross, auspico un cambiamento di tendenza in alcuni docenti artefici di un'educazione "depositaria" piuttosto che "problematizzante"(per dirla con Freire).
    Che si voglia o no la tecnologia è ormai parte integrante della vita di tutti ed è scuramente al servizio di tutti quindi vale la pena di considerarla come un'opportunità.
    Ho sentito, di recente, un insegnante dire che la troppa tecnologia soffoca l'emozione e mi sono chiesta se non avesse ragione...poi ho pensato che non è detto che sia proprio così. Forse, mettendosi veramente in gioco e disponendosi nel modo giusto,la tecnologia può offrire modi alternativi di essere "vicini" agli alunni superando quel "muro" che inevitabilmente separa il docente dal discente.
    In fondo questo sta accadendo anche in questo preciso momento perchè grazie a questo computer con il quale sto scrivendo mi rivolgo indistintamente ai miei compagni bloggers dimenticando che uno di essi è la nostra "docente"!

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  4. Sono d'accordo sull'utilità delle tecnologie nel processo educativo. Anzi, ritengo siano indispensabili, perchè permettono di fare cose inimmaginabili con una facilità incredibile.
    Perciò non sono certo un difensore del vecchio modello educativo, che tanti danni ha provocato, anche a me personalmente. Se le tecnologie servono a migliorare l'educazione ben vengano!
    A mio avviso dev'essere chiaro, come peraltro si accennava mercoledì scorso a lezione, che le tecnologie non devono essere l'unico scenario possibile. Esse devono essere subordinate al pensiero, di qualunque tipo esso sia. Solo così sortiranno benefici effetti a tutta l'umanità, che avrà modo così di migliorarsi costantemente.
    Davide

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  5. L'insegnare ad "apprendere ad apprendere" e saper navigare nella complessità, sì d'accordo ma per andare dove?
    Chi dà criteri e filtri non può essere neutro deve avere una sua idea di quali siano i contenuti da lui riconosciuti come validi e importanti, significativi... Ritengo perciò che al formatore oltre alla competenza dell'uso critico delle nuove tecnologie riveli ai suoi alunni o studenti, verso quale idea di conoscenza e di uomo voglia condurre la ricerca...

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  6. Ciao a tutti!!! Grazie mille per la partecipazione ... belissimi commenti ... arricchiscono di molto l'intervista, è proprio quello che volevo ... grazie. Davide rispondo a te, secondo me la tecnologia non dev'essere subordinata al pensiero ma deve andare di pari passo con esso, semplicemente per il fatto che le tecnologie tendono inevitabilmente a modificare i nostri processi cognitivi, è una trasformazione reciproca. Stamattina ho letto il libro che dobbiamo portare all'esame "progettare scuola con i blog" e nel paragrafo a pag 12 "la tecnologia come artefatto" si sottolinea l'inseparabilità delle tecnologie dall'uomo nella sua evoluzione. Leggendo il tuo intervento mi viene alla mente l'osservazione di Galimberti "a causa di uno sviluppo tecnologico più veloce dello sviluppo psichico, ci muoviamo oggi in un ambiente-tecnica evoluto ma non ci siamo liberati di alcuni tratti tipici dell'uomo pre-tecnologico" (ricorda l'intervista che abbiamo letto in classe due giovedì fa). Secondo Galimberti, quindi, lo sviluppo degli artefatti, delle tecnologie, procede più velocemente dello sviluppo psicologico e tecnologico ... io sono d'accordo con le conclusioni che, a riguardo, vengono riportate nel libro ... cioè, questa visione un pò esagerata e pessimistica delle tecnologie andrebbe ridimensionata e guardata da un'altra angolatura. Ovvero, ad es. nel caso del blog la dimensione pratico-tecnica è sì importante ma diventa secondaria se si vuol comprendere cosa sia un blog, importante è invece comprendere la struttura più ampia, cognitiva e sociale entro cui il blog ha ragione di essere. Ciò che conta è saper usare il blog per comunicare, per instaurare relazioni, per mettere in rete idee, conoscenze ed emozioni. Ci dev'essere una sorta di equilibrio "naturale" tra la tecnologia e la dimensione cognitiva-sociale dell'uomo. Trovo tutto questo molto interessante ... crescita tecnologica - non intesa come lo sviluppo dello strumento e il suo perfezionamento innovativo - come crescita cognitiva-sociale delle persone in relazione ... mi piace. Se si prova a guardarla in questo modo, funziona.

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  7. Se le tecnologie sono protesi per la crescita cognitivo sociale, penso che la loro ricchezza sia instimabile.
    Tralasciando gli scenari di Galimberti, trovo effica il titolo "la tecnologia come artefatto", in quanto essa trae la propria origine dall'arte.
    Richiamo la concezione di technè per gli antichi greci, secondo i quali esa non era separata dalla natura e usata scopo di dominarla, ma serviva a com-prendere la natura stessa.

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